Categoria: Testimonianze

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Testimonianze

Il racconto di Rosa

DUE MONDI A CONFRONTO

Seduta in un confortevole bar del centro di Milano, davanti ad una colazione, ovviamente più che buona, sto raccontando ai miei nipoti rispettivamente di 17 e 15 anni la mia recentissima  esperienza (sono tornata ieri) in Burkina Faso con i volontari di SAFE HEART.

 Contrasto più grande tra i due luoghi non potrebbe darsi ed il risultato del confronto è tanto prevedibile e risaputo da essere forse inutile anche solo menzionarlo.

 

 

Ma c’è una cosa che non è nè prevedibile nè risaputa: gli occhi dei miei nipoti che mi stanno ascoltando.

Occhi diventati quasi bocche tanto sono affamati di sapere cos’è il Burkina Faso e cosa sono andata a fare là.

Burkina Faso

Arrivo a Ouagadougou

Comincio il mio racconto dall’arrivo a Ouagadougou, la capitale del Burkina. Il portellone dell’aereo si apre: vengo investita da un’aria calda come di forno acceso: e questo me lo aspettavo; ciò che non mi aspettavo è l’opacità di quest’aria e il suo sgradevole odore di bruciato. Certamente qualcosa viene bruciato ma la robaccia deve essere davvero tanta oppure bruciata  contemporaneamente in tanti diversi luoghi: in ogni caso, fuochi e riflessi del fuoco non sono in vista, ma la puzza è arrivata fin qua. Mi dico che forse questo è l’unico modo possibile, qui, per sbarazzarsi dai rifiuti d’accordo, ma che aria respirano gli abitanti di questa città?

La povertà del paese, squadernata ovunque sotto i nostri occhi, contrasta con la ricchezza emotiva delle persone che incontriamo, così evidentemente contente. Contente di vederci, certamente, ma, anzitutto contente tout court!

Quante volte ho sentito il loro discorrere trasformarsi in una risata!

L'OSPEDALE, I BAMBINI E LA FORZA DELLA MISSIONE

Arrivati venerdì notte, sabato mattina abbiamo portato in ospedale il materiale necessario per il trattamento medico e chirurgico dei malati cardiopatici e fatto come si dice in gergo “il giro” dei pazienti che erano stati preparati per essere operati durante la nostra permanenza. Sono tutte persone giovani: da una bambina di 11 anni bellissima e diafana (anche se di pelle nera, sembrava trasparente tanto era magra) al più anziano che di anni ne aveva 51.

Le giornate lavorative erano lunghe: dalla mattina alle 8 fino alle 22

Le patologie, assai complesse (spesso risultato di malattie endemiche e mai curate, come la malattia reumatica), hanno sfidato le capacità professionali e la resistenza mentale e fisica dei due esperti cardiochirurghi italiani – dottor Gian Piero Esposito e dottor Marco Zanobini – e dei giovani cardiochirurghi burkinabé che in parte aiutavano gli italiani ed in parte erano loro stessi i primi operatori.

E se è vero che i cardiochirurghi avevano la possibilità di alternarsi al tavolo operatorio, la strumentista –  Alice Vailati, uno scricciolo di donna che, non so per quale ragione ho percepito come una figlia e così la chiamavo “la mia bambina” oppure “la mia bambolina”- non si è mai fatta sostituire dalle colleghe.
Alice sei forte!
7 interventi di cardiochirurgia maggiore in 4 giorni

Il quinto giorno è stato mantenuto libero per avere la possibilità di trattare eventuali complicanze che però non ci sono state: come eravamo contenti ed orgogliosi dei risultati ottenuti!

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L'ORFANOTROFIO Hôtel Maternel

Abbiamo così avuto tempo per visitare uno degli orfanotrofi della città e consegnare quello che avevamo portato dall’Italia per i loro bambini.

Tutti i bambini stavano per terra, ma anche fuori dall’orfanotrofio i bambini sedevano per terra: non ci siamo impressionati!

I bambini erano tanti, troppi!

Erano bambini che non si aspettavano niente dal mondo!

Divisi per gruppi di età, un’educatrice stava con loro. Deliberatamente non ho scritto “giocava con loro” oppure “si occupava di loro”.

L’adulto era presente ma non interagiva con loro ma forse sarebbe stato impossibile vista la numerosità dei gruppi.

I bambini erano fermi, ognuno nella posizione che aveva scelto e lì rimaneva. Quando ci siamo avvicinati, non si sono mossi, tranne un paio; non hanno mostrato reazioni di paura, nè di gioia, nè di curiosità.

Quanto a lungo devono aver inutilmente atteso  una risposta che non arrivava mai, per perdere del tutto la fiducia che qualcuno sarebbe intervenuto a guarirli dai morsi della fame, della sete, della solitudine?

Paradossalmente il più attivo era un bimbo portatore di un visibile  handicap mentale!

Cosa succedeva nella sua mente? Una minore consapevolezza dell’abbandono consentiva alla speranza di sopravvivere? la speranza che qualcuno prima o poi sarebbe arrivato?

Da Neuropsichiatra infantile me lo chiedo anche se so, con dolore, che quel bimbo una risposta non potrà darmela mai.

Abbiamo anche visitato la farmacia dell’orfanotrofio: una stanza con gli usuali ripiani divisi in scomparti dotati di cartellini cartacei che ne avrebbero dovuto denominare il contenuto: antibiotici, antipaludismo ( leggi: antimalaria), vitamine, ecc. ma molti di questi scomparti erano vuoti.

Ce ne siamo andati col magone: se dal reparto di cardiochirurgia eravamo potuti uscire con la certezza di avere fatto, non solo qualcosa di utile, ma addirittura di risolutivo per il paziente, dall’orfanotrofio siamo usciti con il cuore piccolo. Sapevamo che quello che avevamo fatto e quello che avevamo lasciato non avrebbe cambiato la condizione abbandonica di quei bambini.

La loro era una disperazione silenziosa e, perciò, tanto più bruciante.

RICONOSCIMENTI E RIFLESSIONI

Gli incontri con le autorità (il ministro della salute, dottor Robert Lucien Jean-Claude Kargougou, il segretario generale, dottor Issa Quedraogo) ci hanno restituito un po’ di buonumore e di fiducia.

Il ministro della salute, in particolare, quando ha saputo dal dottor Zanobini, che 2 degli interventi eseguiti durante la  settimana erano, non solo i primi nel Burkina Faso, ma addirittura in tutta l’Africa francofona occidentale, è letteralmente saltato sulla sedia ed ha trovato il modo di dar risonanza al risultato facendosi accompagnare in ospedale da una troupe della TV che ha filmato alcuni momenti dell’intervento e ha intervistato sia i cardiochirurghi italiani che i burkinabè.

 

Abbiamo incontrato anche l’Ambasciatore italiano e rappresentanti della cooperazione Italia – Burkina Faso che, pur nelle difficilissime condizioni determinate dall’embargo internazionale  e dalla presenza di guerriglia nelle regioni settentrionali del Paese ci hanno incoraggiati a proseguire il lavoro che, anch’essi hanno elogiato.

Il Direttore Generale dell’ospedale era così soddisfatto e fiero del nostro lavoro che è voluto venire a salutarci la sera della partenza.

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LA DOMANDA PIU’ BELLA

Terminato il racconto, i miei nipoti mi hanno chiesto:

Zia come si fa per andare in Burkina Faso?

 
Giovanni in missione in Burkina Faso (Giugno 2024).

il dottor Stefano Salis, esperto cardioanestesita e, aeropilota, la dottoressa Paola Oddono, perfusionista dal cuore tenero, Alice Ellena, infermiera di cardiorianimazione, combattiva difenditrice degli indifesi, Elisabetta Ciocchini, saggia, precisa memoria della missione

Gli altri membri dell’équipe non se ne abbiano se non li ho menzionati quanto avrebbero meritato,  ma la concinnitas lo richiedeva!